Sono rientrato ieri da una settimana in montagna dove non avevo televisione, radio, internet e neanche il segnale per il cellulare. Non c'è bisogno di dire che è stato fantastico, un periodo di "disintossicazione" così mi ha fatto molto piacere e mi è stato utile.
In più, ho anche avuto il tempo per andare a correre su bellissimi sentieri; più di così...
Ma torniamo al titolo di questo post: l'eritropoietina.
Leggo su Wikipedia che:
Leggo su Wikipedia che:
L'eritropoietina o EPO è un ormone glicoproteico prodotto negli esseri umani dai reni e in misura minore dal fegato e dal cervello, che ha come funzione principale la regolazione dell'eritropoiesi (produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo).
L'EPO è stata prodotta anche in laboratorio e utilizzata come farmaco per curare le anemie in pazienti affetti da malattie renali o da malattie del sangue, o per permettere un recupero più veloce dopo la somministrazione di chemioterapia nei pazienti affetti da cancro. In studi recenti è stato osservato un ruolo neuroprotettivo di EPO come agente antinfiammatorio.
Al di fuori delle indicazioni previste nella scheda tecnica, il farmaco è stato anche impiegato come sostanza dopante sfruttando la sua capacità di aumentare il numero di eritrociti anche in soggetti sani, come gli atleti, al fine di aumentare il trasporto di ossigeno ai tessuti (specie quello muscolare scheletrico e cardiaco) e di migliorare quindi la performance sportiva.
Come dicevo, la settimana scorsa, non avevo alcun contatto con il resto del mondo e così ho scoperto solo ieri sera che Alex Schwazer è stato escluso dai giochi olimpici perché è stato trovato positivo ad un controllo antidoping.
Non è stato il primo di questa olimpiade e tanto meno dello sport e, purtroppo, non sarà neanche l'ultimo.
Schwazer, si va ad aggiungere alla lunga schiera degli atleti "pizzicati" dall'antidoping che, secondo me (e secondo molti altri più esperti e più informati di me), è solo la punta dell'iceberg di un fenomeno che colpisce in modo massiccio (quasi) tutti gli sport.
Siamo arrivati al punto che anche il ciclista (o il podista) della domenica ricorre all'aiutino per andare più forte nel giretto domenicale o nella tapasciata vicino a casa.
Mi chiedo: è questo lo sport che vogliamo?
Vogliamo unno sport che ci faccia stare bene, che migliori la nostra qualità di vita, che ci dia gioia quando lo pratichiamo o ne vogliamo uno che ricorre alle scorciatoie, che distrugge fisico e mente e che è una condanna anziché un dono?
Io opto per la prima ipotesi, non mi interessa vincere a tutti i costi (anche se, comunque, non ce la farei lo stesso!) ma, soprattutto, non voglio trasformare un'attività che mi dà gioia e mi fa star bene in una cosa che mi distrugge.
Nel video che ho riportato Schwazer spiega i motivi del suo gesto; ascoltateli e traete voi le vostre conclusioni. Non tocca a me dire se è stato sincero, se vuole coprire qualcuno o se ha fatto tutto da solo. Non so che cosa avrebbe fatto se non fosse stato "beccato", se avrebbe vinto la medaglia e se l'avrebbe tenuta. Non lo so, posso solo farmi un'idea del tutto personale.
Il fatto che, questa volta, ad essere preso sia stato un marciatore mi colpisce ancora di più perché, da ragazzo, quando facevo atletica, ero arrivato alla marcia e mi aveva dato molte soddisfazioni (sia ai giochi della gioventù che ai campionati per società).
Oggi, sulla home page del sito di Alex Schwazer si legge:
Accetto il sacrificio, il lavoro duro e la disciplina ma tutto questo non deve superare il limite dettato dal buon senso.
Non è stato il primo di questa olimpiade e tanto meno dello sport e, purtroppo, non sarà neanche l'ultimo.
Schwazer, si va ad aggiungere alla lunga schiera degli atleti "pizzicati" dall'antidoping che, secondo me (e secondo molti altri più esperti e più informati di me), è solo la punta dell'iceberg di un fenomeno che colpisce in modo massiccio (quasi) tutti gli sport.
Siamo arrivati al punto che anche il ciclista (o il podista) della domenica ricorre all'aiutino per andare più forte nel giretto domenicale o nella tapasciata vicino a casa.
Mi chiedo: è questo lo sport che vogliamo?
Vogliamo unno sport che ci faccia stare bene, che migliori la nostra qualità di vita, che ci dia gioia quando lo pratichiamo o ne vogliamo uno che ricorre alle scorciatoie, che distrugge fisico e mente e che è una condanna anziché un dono?
Io opto per la prima ipotesi, non mi interessa vincere a tutti i costi (anche se, comunque, non ce la farei lo stesso!) ma, soprattutto, non voglio trasformare un'attività che mi dà gioia e mi fa star bene in una cosa che mi distrugge.
Nel video che ho riportato Schwazer spiega i motivi del suo gesto; ascoltateli e traete voi le vostre conclusioni. Non tocca a me dire se è stato sincero, se vuole coprire qualcuno o se ha fatto tutto da solo. Non so che cosa avrebbe fatto se non fosse stato "beccato", se avrebbe vinto la medaglia e se l'avrebbe tenuta. Non lo so, posso solo farmi un'idea del tutto personale.
Il fatto che, questa volta, ad essere preso sia stato un marciatore mi colpisce ancora di più perché, da ragazzo, quando facevo atletica, ero arrivato alla marcia e mi aveva dato molte soddisfazioni (sia ai giochi della gioventù che ai campionati per società).
Oggi, sulla home page del sito di Alex Schwazer si legge:
Ho a casa quattro medaglie, ma la vita è tutt'altro. È assurdo perdere parenti e amici per andare più forte in una gara.Penso che sia vero, penso che si debba sempre andare ad allenarsi e a correre con il sorriso sulle labbra e penso che la nostra passione non debba farci rinunciare alle cose importanti della vita e, soprattutto, ai rapporti con le persone che amiamo e a cui vogliamo bene; è vero, a volte preferirei restare a casa (quando fa troppo freddo o troppo caldo, quando piove o quando sono stanco) o mi piacerebbe dormire di più alla domenica mattina anziché fare una levataccia per andare a una gara ma poi, appena comincio l'allenamento o mi schiero sulla linea di partenza, tutto cambia e torna il buonumore.
Accetto il sacrificio, il lavoro duro e la disciplina ma tutto questo non deve superare il limite dettato dal buon senso.
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